Terapia enzimatica
In questo slide kit si spiega come i flavonoidi e gli enzimi proteolitici vegetali e animali abbiano la capacità di moderare l’infiammazione e ridurre l’edema.
La terapia enzimatica è una valida integrazione contro i dolori articolari soprattutto quando la paziente è intollerante ai FANS. Il 75% circa delle pazienti con carcinoma mammario è in post-menopausa e il 50% di tutte le pazienti con carcinoma mammario è affetto da malattia positiva per i recettori degli estrogeni ER+. Gli inibitori dell’aromatasi (IA) di terza generazione (letrozolo, anastrozolo ed exemestane) rappresentano, per queste pazienti, la terapia ormonale adiuvante d’elezione. Nel 60% circa delle pazienti gli effetti collaterali degli IA sono soprattutto a carico del sistema osteo-scheletrico con artromialgie, osteoporosi e rischio di fratture. La comparsa di artromialgie è stata riportata come la causa più frequente di sospensione del trattamento [1]. Il trattamento del dolore è basato sull’impiego di oppioidi, paracetamolo e FANS eventualmente associati alla fisioterapia e all’esercizio fisico [2].
Gli effetti sul miglioramento degli eventi avversi della chemioterapia nel cancro al seno e del colon-retto. La terapia enzimatica rientra tra le possibili terapie oncologiche integrative (MI). Gli effetti positivi della terapia a base di enzimi, proteolitici e pancreatici, sono stati evidenziati nell’attenuare le reazioni avverse ai trattamenti convenzionali (intervento chirurgico, chemioterapia e radioterapia). Sebbene gli studi condotti finora in campo oncologico presentino alcuni limiti (qualitativi e quantitativi), enzimi come bromelina, tripsina e chimotripsina potrebbero trovare una maggiore applicazione alla luce di future evidenze scientifiche nel campo dell’oncologia integrativa. Nel seguente articolo vengono analizzati due studi di coorte storici protocollati rispettando le raccomandazioni della “Good Epidemiological Pratice” (GEP), la linea guida sviluppata dalla società tedesca di epidemiologia. Gli studi presentati nell’articolo correlano la terapia enzimatica con il miglioramento degli eventi avversi legati alla chemioterapia nei pazienti con cancro al seno e del colon-retto.
Confronto tra terapia enzimatica e FANS nel controllo dello stato infiammatorio nei pazienti con questa problematica articolare. La terapia enzimatica è supportata da interessanti evidenze scientifiche che riportano i benefici della combinazione di tripsina, bromelina e rutina negli stati infiammatori acuti e cronici. Nel seguente articolo viene analizzato lo studio clinico randomizzato in doppio cieco con gruppo placebo, pubblicato su Arthritis nel 2015, dove è stata confrontata l’efficacia della terapia enzimatica rispetto al farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS) diclofenac sodico e placebo. La terapia enzimatica si è dimostrata essere tanto efficace quanto il farmaco anti-infiammatorio non steroideo diclofenac sodico nella gestione dell’osteoartrosi al ginocchio. I vantaggi dell’utilizzo della terapia enzimatica si estendono, inoltre, alla possibilità di diminuire il consumo di paracetamolo nei pazienti affetti da questa problematica articolare.
Questo flavonoide ha suscitato un grande interesse nei ricercatori per le sue possibili applicazioni terapeutiche in diverse tipologie di tumori. Le sostanze di base che compongono la terapia enzimatica sono enzimi proteolitici e flavonoidi. Tra gli enzimi troviamo bromelina, tripsina e chimotripsina, mentre Quercetina e rutina appartengono alla classe dei flavonoidi. In questo articolo approfondiremo il ruolo e le evidenze cliniche della Quercetina. La ricerca su questo flavonolo, dal forte potere antiossidante, si è particolarmente intensificata negli ultimi anni. Il suo crescente interesse è generato dai possibili effetti benefici ad ampio spettro. In articoli precedenti abbiamo avuto occasione di pubblicare una overview sulla terapia enzimatica e uno slide kit dedicato ai flavonoidi. La Quercetina appartiene alla classe dei flavonoli e la troviamo ampiamente distribuita nel mondo vegetale. Le risorse impiegate nello studio della Quercetina sono giustificate dai suoi possibili impieghi in medicina come antidiabetico, antinfiammatorio, antiossidante, antimicrobico, anticancerogeno, anti-Alzheimer, antiartrosico e cardioprotettore. I numerosi possibili effetti della Quercetina sono per la maggior parte esaminati in vitro o su animali. Gli studi in vivo sull’uomo sono in numero e qualità crescente, anche se mancano ancora studi scientifici su popolazioni numerose. Di seguito, le principali evidenze emerse da studi preclinici e clinici sugli effetti della Quercetina secondo una recente review del 2010 (1. Salehi B, et al. ACS Omega 2020).
Dalla letteratura, risultati positivi in merito a mucosite e radiodermatite da RT utilizzando la TE, con migliore qualità di vita e bassi effetti collaterali. Gremmler L. e coll. hanno condotto una ricerca sistematica degli studi focalizzati a valutare l’utilizzo, l’efficacia e i potenziali effetti collaterali della terapia enzimatica nei pazienti oncologici in trattamento radio-chemioterapico. La review che ne è derivata (Anticancer Research, luglio 2021) include 15 studi in cui circa 3000 pazienti sono stati trattati per os con enzimi proteolitici (come bromelina, papaina o chimotripsina) allo scopo di mitigare gli effetti collaterali delle terapie anti-neoplastiche tradizionali. I pazienti trattati con TE avevano età compresa tra 20 e 75 anni e presentavano tumori, di diversa tipologia e grado di malignità, a livello gastrointestinale, ginecologico, della zona testo-collo o del polmone. La seguente presentazione riporta la sintesi dei risultati in merito a mucosite, disturbi della deglutizione e radiodermite da radioterapia, oltre ai disturbi gastroenterici e urogenitali evidenziati in corso di RT/CT. Nella maggior parte dei casi la terapia enzimatica è ben tollerata, ma sono necessari studi randomizzati controllati rigorosi prima di formulare delle raccomandazioni in merito.
Dieta controllata, attività fisica programmata e terapia enzimatica a cicli sono utili per controllare gli effetti collaterali degli inibitori dell’aromatasi, utilizzati per ridurre le recidive del cancro della mammella. Nel 50% delle donne affette da cancro della mammella si tratta di una forma sensibile agli estrogeni e la percentuale sale al 75% nel caso il tumore insorga dopo la menopausa. Per ridurre, quindi, il rischio di recidive post-mastectomia è frequente la prescrizione di una terapia anti-ormonale a base di inibitori dell’aromatasi. Questi farmaci risultano molto efficaci, ma sono correlati a una bassa aderenza in quanto provocano diffuse artralgie in molte pazienti. Per ovviare o tenere sotto controllo questi dolori articolari di natura infiammatoria sta dando buoni risultati un approccio terapeutico che combina specifici accorgimenti dietetici e modifiche allo stile di vita uniti alla somministrazione ciclica di enzimi proteolitici e flavonoidi – come Bromelina, Rutina e Tripsina.
Soggetto molto attivo conduce uno stile di vita sano, non fuma e non beve alcolici, presenta forti dolori al ginocchio con limitazioni funzionali ingravescenti. Un ex-atleta agonista di 45 anni si reca dall’ortopedico in seguito a episodi ingravescenti di dolore al ginocchio sinistro. Gli esami strumentali e clinici evidenziano una grave artrosi con importante degenerazione della cartilagine e formazione di geodi - cavità contenenti liquido mucoso che si generano in seguito a riassorbimento del tessuto osseo -. Il paziente conduce uno stile vita sano: dieta equilibrata, consigliato dal nutrizionista, e attività sportiva che ultimamente ha dovuto interrompere in seguito ai forti dolori e a scarsa mobilità del ginocchio. I sintomi sono tali da causargli zoppia, difficoltà a svolgere le usuali attività quotidiane e a dover ricorrere ai farmaci antinfiammatori (FANS), che però usa solo sporadicamente perché li tollera poco. Quali strategie cliniche e nutrizionali adotteresti in questo tipo di paziente? In quali condizioni la terapia enzimatica potrebbe risultare utile come supporto ai FANS e per ridurne l’utilizzo? Un approfondimento della questione nel seguente caso clinico interattivo.
L’integrazione orale di prodotti enzimatici ad attività antinfiammatoria si sta rivelando utile nella prevenzione e cura dei problemi muscolari funzionali da sovraffaticamento, comuni nello sportivo. I DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness) sono dei disturbi muscolari funzionali da sovraffaticamento, secondo la classificazione proposta dal Munich Consensus Statement [1]. Si tratta di problematiche muscolari piuttosto comuni nella pratica sportiva, anche se non è possibile avere dati epidemiologici precisi. Il più delle volte sono disturbi non particolarmente gravi che permangono, dall’insorgenza alla remissione completa dei sintomi, per un periodo compreso tra le 72 e le 96 ore. I sintomi tipici includono indolenzimento, dolore, rigidità e gonfiore a livello muscolare, con biomeccanica alterata nelle articolazioni adiacenti [2, 3]. Tali sintomi variano da molto leggeri a intensi, con inabilità all’esecuzione di determinati movimenti. In questo articolo offriremo alcuni spunti di riflessione sui possibili benefici della terapia enzimatica nella prevenzione e trattamento dei DOMS.
Ridurre o bloccare i processi infiammatori correlati alle patologie reumatiche osteo-articolari è fondamentale per gestire adeguatamente queste problematiche degenerative croniche diminuendo il ricorso ai FANS. L’osteoartrosi e le patologie articolari di origine reumatica sono strettamente correlate a una situazione infiammatoria che diventa cronica e spesso si traduce in un circolo vizioso autoalimentato. La presenza, inoltre, di obesità rappresenta un fattore di rischio per l’osteoartrosi, non solo per l’aumento del carico sulle articolazioni, ma proprio perché gioca un ruolo importante nel peggioramento dello stato infiammatorio. L’attività fisica gioca un ruolo chiave nell’interruzione del “loop” dell’infiammazione cronica, anche nelle malattie multifattoriali come l’osteoartrosi, grazie alla liberazione di veri e propri mediatori (miochine) da parte dei muscoli quando vengono attivati. Per curare questo tipo di patologie articolari croniche, il clinico può ricorrere ai farmaci, come i FANS, o agire sugli stili di vita (come la dieta e l’attività fisica) ma le gli studi scientifici stanno ponendo l’attenzione sulla attività non solo terapeutica, ma anche preventiva della terapia enzimatica. Ce ne parlano specialisti della materia e clinici.
Enzimi e polifenoli rappresentano una nuova frontiera della medicina moderna e complementare per limitare gli effetti collaterali da chemioterapia e gli stati infiammatori da essa scatenati. Guarda la video-lesson della Dott.ssa Etta Finocchiaro. L’azione selettiva di alcuni enzimi proteolitici (es tripsina, chimotripsina, bromelina) ha stata indagata durante diversi studi Evidence-Based Medicine (EBM) per ridurre gli effetti collaterali della chemioterapia. L’azione sinergica degli enzimi e di specifici polifenoli (come rutina e quercetina) permettono, inoltre, di modulare lo stato infiammatorio nel paziente oncologico e ridurre i danni provocati dalle specie reattive all’ossigeno (ROS). In particolare, i polifenoli interferiscono con l’iniziazione, l’apoptosi, l’angiogenesi e progressione delle cellule tumorali svolgono anche un’azione chemio-preventiva. Nella seguente video lesson, la Dott.ssa Etta Finocchiaro - Responsabile Nutrizione Oncologica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino – ci parla dei razionali alla base dell’utilizzo della terapia enzimatica in oncologia, con un approfondimento sul tumore della mammella.