Casi clinici
Risultati positivi in paziente con ritardo psico-motorio, grazie a nutrizione enterale precoce e passaggio a una formula completa con alimenti veri omogeneizzati e ricca di MCT (trigliceridi a media catena). Bambina nata prematura, presenta paralisi cerebrale infantile che ha portato a: ritardo psico-motorio, disfagia e deficit visivo. Le difficoltà della paziente a nutrirsi per os hanno richiesto il ricorso immediato alla nutrizione artificiale. La nutrizione postnatale è un fattore di rischio cruciale del deficit di crescita per cui, come dimostrato da questo caso, è importante abbinare, prima possibile, alla nutrizione per os quella enterale con una formula personalizzata sul piccolo paziente che permetta di migliorare lo stato nutrizionale e la tolleranza. Va, inoltre, considerato che il ritardo della crescita extrauterina è variabile, ma non irrilevante nei bambini pretermine (si manifesta nel 43-97% dei casi) ed è associato, a sua volta, ad aumentato rischio di outcome neurocognitivo peggiore. Nelle seguenti slide, i dettagli su strategie ed esiti nutrizionali che hanno permesso di migliorare l’andamento della crescita nella piccola paziente.
Il caso di un paziente di 14 anni colpito da paralisi cerebrale infantile, malnutrito e con problemi di crescita. Quale miscela utilizzare? Ragazzo di 14 anni con gravi deficit neurologici si presenta all’ambulatorio di nutrizione clinica con un quadro nutrizionale compromesso e gravi difficoltà ad alimentarsi per os. Da pochi mesi gli è stato posizionato un sondino nasogastrico per integrare la dieta orale con la somministrazione di supplementi nutrizionali e nutrizione enterale continua nelle ore notturne. Cosa prevedono le linee guida in un paziente con paralisi cerebrale malnutrito e con problemi di crescita pondero-staturali? È preferibile utilizzare una miscela normo o ipercalorica? Normo o iperproteica? Che tipo di miscele utilizzeresti per questo paziente? Un approfondimento nel seguente caso clinico a cura del Dott. Norsa, Pediatra gastroenterologo.
Il paziente pediatrico neurologico presenta spesso problemi di crescita a causa di disfagia, problemi gastrointestinali e malnutrizione, nei quali il ruolo della nutrizione clinica è cruciale. Il bambino affetto da una neuropatia cronica presenta molteplici disturbi correlati ad alimentazione, digestione e metabolismo per alterazioni a livello dell’apparato gastro-intestinale. Tutte queste problematiche, unite a disfagia, reflusso gastro-esofageo, vomito, ecc. possono portare a malnutrizione e ad un alto rischio di ritardo della crescita. Nelle seguenti slide troverete un approfondimento sulle possibili cause alla base dei disturbi dello sviluppo di bambini ed adolescenti con disabilità neurologiche. I metodi di valutazione e di gestione della malnutrizione e del ritardo della crescita vengono illustrati analizzando il caso clinico di una bambina di 14 anni che presenta disfagia, vomito e reflussi gastro-esofagei frequenti uniti a stipsi in cui è risultato fondamentale il ricorso a cure palliative nutrizionali.
In questo slide kit si spiega come i flavonoidi e gli enzimi proteolitici vegetali e animali abbiano la capacità di moderare l’infiammazione e ridurre l’edema.
Questo flavonoide ha suscitato un grande interesse nei ricercatori per le sue possibili applicazioni terapeutiche in diverse tipologie di tumori. Le sostanze di base che compongono la terapia enzimatica sono enzimi proteolitici e flavonoidi. Tra gli enzimi troviamo bromelina, tripsina e chimotripsina, mentre Quercetina e rutina appartengono alla classe dei flavonoidi. In questo articolo approfondiremo il ruolo e le evidenze cliniche della Quercetina. La ricerca su questo flavonolo, dal forte potere antiossidante, si è particolarmente intensificata negli ultimi anni. Il suo crescente interesse è generato dai possibili effetti benefici ad ampio spettro. In articoli precedenti abbiamo avuto occasione di pubblicare una overview sulla terapia enzimatica e uno slide kit dedicato ai flavonoidi. La Quercetina appartiene alla classe dei flavonoli e la troviamo ampiamente distribuita nel mondo vegetale. Le risorse impiegate nello studio della Quercetina sono giustificate dai suoi possibili impieghi in medicina come antidiabetico, antinfiammatorio, antiossidante, antimicrobico, anticancerogeno, anti-Alzheimer, antiartrosico e cardioprotettore. I numerosi possibili effetti della Quercetina sono per la maggior parte esaminati in vitro o su animali. Gli studi in vivo sull’uomo sono in numero e qualità crescente, anche se mancano ancora studi scientifici su popolazioni numerose. Di seguito, le principali evidenze emerse da studi preclinici e clinici sugli effetti della Quercetina secondo una recente review del 2010 (1. Salehi B, et al. ACS Omega 2020).
Dalla letteratura, risultati positivi in merito a mucosite e radiodermatite da RT utilizzando la TE, con migliore qualità di vita e bassi effetti collaterali. Gremmler L. e coll. hanno condotto una ricerca sistematica degli studi focalizzati a valutare l’utilizzo, l’efficacia e i potenziali effetti collaterali della terapia enzimatica nei pazienti oncologici in trattamento radio-chemioterapico. La review che ne è derivata (Anticancer Research, luglio 2021) include 15 studi in cui circa 3000 pazienti sono stati trattati per os con enzimi proteolitici (come bromelina, papaina o chimotripsina) allo scopo di mitigare gli effetti collaterali delle terapie anti-neoplastiche tradizionali. I pazienti trattati con TE avevano età compresa tra 20 e 75 anni e presentavano tumori, di diversa tipologia e grado di malignità, a livello gastrointestinale, ginecologico, della zona testo-collo o del polmone. La seguente presentazione riporta la sintesi dei risultati in merito a mucosite, disturbi della deglutizione e radiodermite da radioterapia, oltre ai disturbi gastroenterici e urogenitali evidenziati in corso di RT/CT. Nella maggior parte dei casi la terapia enzimatica è ben tollerata, ma sono necessari studi randomizzati controllati rigorosi prima di formulare delle raccomandazioni in merito.
Soggetto molto attivo conduce uno stile di vita sano, non fuma e non beve alcolici, presenta forti dolori al ginocchio con limitazioni funzionali ingravescenti. Un ex-atleta agonista di 45 anni si reca dall’ortopedico in seguito a episodi ingravescenti di dolore al ginocchio sinistro. Gli esami strumentali e clinici evidenziano una grave artrosi con importante degenerazione della cartilagine e formazione di geodi - cavità contenenti liquido mucoso che si generano in seguito a riassorbimento del tessuto osseo -. Il paziente conduce uno stile vita sano: dieta equilibrata, consigliato dal nutrizionista, e attività sportiva che ultimamente ha dovuto interrompere in seguito ai forti dolori e a scarsa mobilità del ginocchio. I sintomi sono tali da causargli zoppia, difficoltà a svolgere le usuali attività quotidiane e a dover ricorrere ai farmaci antinfiammatori (FANS), che però usa solo sporadicamente perché li tollera poco. Quali strategie cliniche e nutrizionali adotteresti in questo tipo di paziente? In quali condizioni la terapia enzimatica potrebbe risultare utile come supporto ai FANS e per ridurne l’utilizzo? Un approfondimento della questione nel seguente caso clinico interattivo.
Dieta controllata, attività fisica programmata e terapia enzimatica a cicli sono utili per controllare gli effetti collaterali degli inibitori dell’aromatasi, utilizzati per ridurre le recidive del cancro della mammella. Nel 50% delle donne affette da cancro della mammella si tratta di una forma sensibile agli estrogeni e la percentuale sale al 75% nel caso il tumore insorga dopo la menopausa. Per ridurre, quindi, il rischio di recidive post-mastectomia è frequente la prescrizione di una terapia anti-ormonale a base di inibitori dell’aromatasi. Questi farmaci risultano molto efficaci, ma sono correlati a una bassa aderenza in quanto provocano diffuse artralgie in molte pazienti. Per ovviare o tenere sotto controllo questi dolori articolari di natura infiammatoria sta dando buoni risultati un approccio terapeutico che combina specifici accorgimenti dietetici e modifiche allo stile di vita uniti alla somministrazione ciclica di enzimi proteolitici e flavonoidi – come Bromelina, Rutina e Tripsina.
Approccio multidisciplinare e costante valutazione nutrizionale possono migliorare la tollerabilità dei trattamenti di radio e chemioterapia. Il seguente caso clinico, presentato dalla Dott.ssa Elisa D’Angelo, Specialista in Radioterapia, coinvolge una paziente anziana, con nota e cronica abitudine etilica e tabagica, resa particolarmente vulnerabile dalla sede di malattia e dalla plurirecidività. La paziente, in trattamento radio chemioterapico, è stata trattata con un approccio multidisciplinare che le ha garantito una costante valutazione dello status nutrizionale, e un inatteso impatto positivo sulla tolleranza alle terapie. Il sostentamento nutrizionale ha in pratica permesso di gestire le complicanze ai trattamenti, anche in relazione al domicilio, riducendo al minimo la necessità di ospedalizzazione.
Nutrizionista e radioterapista in stretta collaborazione per prevenire e gestire le complicanze che portano a malnutrizione in una paziente con carcinoma tonsillare candidata a radioterapia. La paziente, una donna anziana fragile con carcinoma squamocellulare della tonsilla palatina destra, viene candidata a un ciclo di 30 sedute di radioterapia con intento radicale di cura. Visto che la letteratura riporta dati controversi su quando iniziare le prime valutazioni nutrizionali per prevenire la malnutrizione e altre possibili complicazioni, viene adottata un modalità di gestione personalizzata e congiunta tra nutrizionista e radioterapista. Il radioterapista, infatti, è lo specialista che vede e controlla quotidianamente il paziente e può, quindi, individuare precocemente i segnali che meritano una valutazione nutrizionale. Conosce, inoltre, gli effetti diretti della patologia testa e collo e gli effetti collaterali propri del trattamento che possono impattare sullo stato nutrizionale della paziente: può quindi procedere con terapia adeguata, mirata alla prevenzione delle complicanze che portano a malnutrizione. Questo, durante tutto il percorso di cura della paziente, compreso il follow up. La Dottoressa D'Angelo affronta la questione nel seguente Caso Clinico.
In questo caso clinico del dietista Filippo Valoriani si evidenzia l’importanza di una valutazione nutrizionale precoce del paziente oncologico al fine di prevenire o trattare la malnutrizione. Il paziente, un uomo di 57 anni con carcinoma esofageo squamocellulare ben differenziato, documentandosi in rete ha applicato una lunga serie di restrizioni dietetiche nella convinzione di “ostacolare” l’accrescimento della malattia oncologica. A seguito di una prima valutazione nutrizionale alla diagnosi (non ne ha mai effettuate prima), presenta una malnutrizione di entità severa. Si esegue perciò counseling nutrizionale finalizzato ad attivare una dieta a consistenza modificata e a fornire corrette indicazioni comportamentali, spiegando obiettivi e ruolo del supporto nutrizionale. In seguito all’indicazione terapeutica e durante il trattamento di chemioterapia e radioterapia si eseguono successive valutazioni e relativi interventi nutrizionali. Da questo percorso si comprende come nei pazienti oncologici malnutriti o a rischio di malnutrizione, il counseling nutrizionale rappresenti la prima opzione terapeutica da considerare. La supplementazione nutrizionale orale rappresenta una soluzione terapeutica in “add on” al counseling nutrizionale qualora il soggetto, attraverso l’alimentazione, assuma almeno il 50-60% dei fabbisogni nutrizionali stimati. Al di sotto di questa percentuale la nutrizione artificiale enterale (integrativa o totale) costituisce la formula terapeutica di prima scelta e più appropriata. La terapia nutrizionale deve in ogni caso essere monitorata con regolarità durante l’iter di cure oncologiche al fine di valutarne tolleranza ed efficacia. Di seguito la presentazione completa del Caso Clinico.
Soggetto di 68 anni sottoposto a CT neoadiuvante e immunonutrizione pre-operatoria. Scopri come la terapia nutrizionale influenza gli outcome e la sopravvivenza. A un uomo di 68 anni, iperteso con patologia sistemica di severa entità stabilizzata, viene diagnosticato un adenocarcinoma gastrico localmente avanzato, non metastatico. La discussione del team multidisciplinare porta a decidere per la somministrazione di 4 cicli di chemioterapia neoadiuvante per cercare di ridurre il tumore. Dopo gli esami re-staging si inizia l’immunonutrizione pre-chirurgia di gastrectomia subtotale. L’esame istologico finale una regressione tumorale. Scopri come la terapia nutrizionale può influenzare il microambiente tumorale, gli outcome perioperatori e la sopravvivenza a lungo termine.
I pazienti con più patologie croniche hanno un maggiore rischio di andare incontro ad outcome negativi. La gestione e il trattamento di quelli che sono oggi definiti “pazienti complessi” nonché fragili, richiede l’intervento di molteplici figure professionali specialistiche, con una gestione integrata che utilizzi un approccio e dei trattamenti personalizzati. Il miglioramento delle condizioni socio-sanitarie, l’aumento della sopravvivenza a condizioni cliniche un tempo fatali e l’invecchiamento della popolazione hanno portato a un progressivo aumento delle malattie ad andamento cronico, spesso presenti contemporaneamente nello stesso soggetto. Il percorso di diagnosi, cura e gestione del paziente disfagico complesso, non deve considerare ogni singola malattia presente come se fosse isolata, ma considerare il soggetto nella sua interezza. Per fare questo, bisogna utilizzare un approccio che tenga presente contemporaneamente le condizioni fisiche, psicologiche e sociali del malato, il suo stato familiare, gli eventuali care-giver e tutta una serie di variabili mirate a identificare le priorità di cura e a pianificare una strategia terapeutica, nutrizionale e assistenziale multiprofessionale e personalizzata. Il caso clinico proposto dal Dott. Riso, esposto nello slide kit sottostante, riguarda una donna anziana in politerapia che si presenta al pronto soccorso con febbricola e vomito dopo assunzione di cibo.
La gestione domiciliare di un paziente allettato, disartrico e difficilmente comprensibile è sempre complessa ed è ulteriormente complicata dall’alternanza di diversi caregiver. Il problema gestionale più rilevante del paziente, estremamente fragile e complesso, di questo caso è la tosse cronica, accentuata ai pasti, presente ad accessi anche lontano dai pasti, con breve asfissia. Questo quadro, unito a ripetuti episodi febbrili nel corso dell’ultimo anno, fanno temere la comparsa di complicanze della disfagia. Le problematiche da risolvere nel caso proposto dal Dottor Ubaldi, medico di medicina generale e gastroenterologo, sono molteplici. Approccio multidisciplinare al problema disfagia Prevenzione e gestione delle complicanze della disfagia Gestione delle comorbidità La politerapia farmacologica L’assistenza domiciliare
Il caso di un paziente con complicanze tardive da trattamento chemio-radioterapico per tumore dell’orofaringe. Paziente di 57 anni, guarito da un tumore HNC (head and neck cancer) trattato con radio-chemioterapia 9 anni prima, si presenta per un controllo manifestando da alcuni mesi difficoltà di deglutizione, con episodio di polmonite da aspirazione, oltre a perdita di peso non volontaria. Quali valutazioni e approfondimenti clinici è necessario eseguire prima di pianificare gli opportuni trattamenti nutrizionali e riabilitativi? Come e quando bisogna calibrare le terapie tramite visite di follow up pianificate? Verifica le tue risposte con il seguente caso clinico interattivo.