Il Dottor Amarri, Gastroenterologo Pediatra, affronta il problema della disfagia nel paziente pediatrico con danno neurologico.
In questo 8° episodio, il Dottor Sergio Amarri, Gastroenterologo Pediatra di Reggio Emilia, affronta il problema della disfagia nel paziente pediatrico con danno neurologico, una problematica con incidenza molto elevata che cresce all’aumentare del grado di severità del deficit cognitivo e dei problemi motori.
"Questa è NUTRITIONAL TALKS, la serie podcast che approfondisce temi sulla nutrizione clinica, per via orale ed enterale, nei pazienti con danni neurologici dalla nascita, quindi con paralisi cerebrale infantile, e negli adulti con grave disfagia o altre problematiche che impediscono la normale alimentazione. Questi podcast hanno finalità educative e sono dedicati agli operatori sanitari.
NUTRITIONAL TALKS è legata al progetto di formazione online nutritionalacademy.it, realizzato con il patrocinio non condizionato di Nestlé Health Science.
Sono Alvaro Gradella e nel corso di ogni puntata vi accompagnerò nell’approfondimento di un tema inerente alla nutrizione clinica con la collaborazione professionale e autorevole di opinion leader esperti in materia, che risponderanno alle mie domande con un solo scopo: “Favorire una maggiore comprensione del ruolo della nutrizione nel trattamento di specifiche condizioni cliniche e nella gestione delle carenze nutrizionali dei pazienti”.
Introduzione
In questo episodio affrontiamo con il Dottor Amarri, Gastroenterologo pediatra, - responsabile dell’ambulatorio di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica dell’Azienda Sanitaria Locale - Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di Reggio Emilia e responsabile tecnico-scientifico del gruppo di lavoro “Cure Palliative Pediatriche” della Regione Emilia-Romagna, il tema della disfagia nel paziente pediatrico con danno neurologico. Grazie Dottor Amarri.
Dott. Amarri
Ringrazio per questa ennesima opportunità di partecipare a Nutritional Talks.
Oggi si parla di disfagia, che per la paralisi cerebrale e i bambini con danno neurologico è un argomento di estrema importanza.
Domanda 1
Dottor Amarri, per iniziare può delineare il quadro epidemiologico della disfagia nel bambino con paralisi cerebrale infantile?
Dottor Amarri - Risposta 1
Mentre l’incidenza globale della disfagia in età pediatrica è abbastanza bassa - siamo intorno all'1% dei pazienti, che corrisponde ai casi molto complessi - risulta invece molto più elevata in alcune popolazioni, come quella della paralisi cerebrale, dove possiamo avere disturbi che variano dal 33 all’80% dei pazienti. L’incidenza nello specifico della disfagia infantile negli ultimi decenni è significativamente aumentata, poiché sono aumentate le nascite premature, anche estremamente premature, e la sopravvivenza dei corrispondenti neonati; inoltre i progressi della medicina, soprattutto di terapia intensiva, oggi permettono la sopravvivenza di pazienti pediatrici anche in presenza di condizioni cliniche estremamente complesse.
Nel caso dei bambini con danno specificamente neurologico, la prevalenza di disfagia è molto alta, vicina al 90%. In particolare, nei pazienti con paralisi cerebrale abbiamo dati che vanno da circa il 19-20% al 99% dei bambini, e le probabilità che la disfagia si presenti salgono man mano che aumenta il grado di severità del danno cognitivo e/o dei problemi motori.
Domanda 2
Dottor Amarri, quali fattori sono alla base dell’insorgenza di disfagia nei bambini con danno neurologico?
Dottor Amarri - Risposta 2
La deglutizione è un processo complesso e dinamico, durante il quale la saliva, i liquidi e gli alimenti vengono portati dalla bocca all’esofago e poi allo stomaco. Questo processo richiede il coinvolgimento e la coordinazione di oltre 30 nervi e muscoli della bocca, se pensate a labbra, lingua, palato, gola - cioè faringe e laringe - ed esofago, che sono controllati dalle aree corticali del nostro cervello e dai centri della deglutizione posti nel tronco encefalico.
Il processo della deglutizione evolve e giunge a maturazione nel corso dei primi 2 anni del bambino con i maggiori cambiamenti che si evidenziano soprattutto a livello delle fasi iniziali, preparatoria e orale. Lo sviluppo dei meccanismi di suzione e deglutizione inizia già nell’utero materno verso la 10^-11^ settimana di età gestazionale, ma è solo alla fine, dalla 34^ alla 38^ settimana, che il feto diventa in grado di alimentarsi oralmente.
Dalla nascita fino al sesto mese di vita il neonato possiede la capacità riflessa e involontaria di succhiare. Verso i 6 mesi le fasi preparatoria e orale si sviluppano poi per maturazione delle strutture anche anatomiche della bocca: infatti cresce la mandibola, viene persa gradualmente la protrusione della lingua e i processi riflessi diventano volontari e man mano tipici e simili a quelli dell’età adulta.
Deglutizione e respirazione hanno però una via d’ingresso in comune (la faringe) per cibo e aria, quindi deglutire diventa un processo molto complesso che richiede una sincronizzazione estremamente precisa con i meccanismi respiratori per proteggere appunto le vie respiratorie. Basta che uno di questi meccanismi non funzioni adeguatamente e si può manifestare disfagia a vari livelli: orale, faringea o esofagea, a seconda della localizzazione del disturbo.
Domanda 3
Quindi, dottore le cause di disfagia nei bambini possono essere moltissime?
Dottor Amarri - Risposta 3
Sì, la disfagia pediatrica è a tutti gli effetti un disturbo multifattoriale che può avere diverse cause. Ad esempio le anomalie anatomiche o craniofacciali del tratto aereo-digestivo superiore (naso, faringe e trachea) possono interferire con il complesso coordinamento richiesto durante la deglutizione. La stenosi delle coane nasali provoca un aumento della resistenza al flusso dell’aria in ingresso per cui il neonato non riesce bene a coordinare suzione e deglutizione con la respirazione.
Anche la presenza di palatoschisi porta a una diminuzione della pressione necessaria per succhiare e/o a reflusso nasale; il labbro leporino diminuisce il sigillo labiale intorno al capezzolo. Entrambe queste condizioni fanno respirare profondamente e in modo improvviso, e il bambino è ad aumentato rischio di aspirazione.
Come pure il reflusso gastroesofageo può portare a disfagia, in questo caso orofaringea, riducendo la sensibilità delle mucose del tratto digestivo superiore e la reattività della laringe durante la fase faringea della deglutizione.
Considerando i bambini con danno cerebrale o neurologico, la presenza di deficit neuromuscolari può causare una diminuzione del tono muscolare, riflessi ritardati e scarso coordinamento motorio e sensoriale, che sono necessari per una corretta deglutizione.
A tutti gli effetti la paralisi cerebrale infantile può essere considerata la condizione neurologica che si associa maggiormente a disfagia, infatti può causare un ritardo nello sviluppo delle abilità motorie, iper- o ipotonicità, ipersensibilità al contatto con il cibo e prolungamento dei riflessi della suzione o di rooting originari.
In questi bambini, purtroppo, la disfagia orofaringea è spesso silente e difficile da individuare. Con un numero enorme di bambini con paralisi cerebrale in Europa, si stima siano circa 100.000, identificare precocemente i disturbi della deglutizione è fondamentale.
Domanda 4
Quali sono Dottor Amarri le principali manifestazioni che devono allarmare il clinico che deve gestire un neonato o un bambino con paralisi cerebrale?
Dottor Amarri - Risposta 4
I segnali e i sintomi di disfunzioni della deglutizione nei bambini variano in funzione della fase o delle fasi che risultano compromesse, ovviamente anche dell’età del bambino e del suo sviluppo. I segnali che più comunemente vediamo e che devono far sospettare la presenza di disfagia sono: difficoltà di respirazione durante la poppata o il pasto in genere, tosse e/o soffocamento durante e dopo la deglutizione, mancata crescita del bambino, che non riesce a nutrirsi normalmente, frequenti problemi respiratori (ad esempio polmoniti ricorrenti), fatica a deglutire, respirazione rumorosa o rantolante durante o subito dopo i pasti, e anche una durata eccessiva dei pasti (per le linee guida europee si stima che più di tre ore al giorno siano sufficienti per ipotizzare la presenza di disfagia).
Domanda 5
Quali sono dottore, i principali rischi correlati a disfagia da temere per questi piccoli pazienti?
Dottor Amarri - Risposta 5
La diagnosi e la gestione della disfagia nei neonati e nei bambini, come prima anticipato, è una grande sfida per i clinici, perché spesso è silente come abbiamo detto, e richiede un’attenta supervisione medica a lungo termine con dei follow-up frequenti. In mancanza di adeguati intervento e cura, il paziente può andare in effetti incontro a patologie ricorrenti o a inadeguata crescita e sviluppo. La necessità quindi di una supplementazione nutrizionale, protratta anche per lunghi periodi di tempo, può portare poi a comportamenti di avversione orale e rifiuto ad alimentarsi che peggiorano lo stato nutrizionale del paziente.
La disfagia che porta a una difficoltà ad alimentarsi è quasi sempre correlata a perdita di peso e a basso indice di massa corporea.
Fin dai primi mesi di vita, in particolare tra i 18 e i 36 mesi, quando un bambino sano impara a gestire cibi solidi, circa il 40% dei bambini affetti da paralisi cerebrale devono essere nutriti con cibi a consistenza modificata, necessitano di supplementazione e almeno nel 10% dei casi devono passare alla nutrizione enterale con una sonda di qualche tipo. Per questo motivo la disfagia contribuisce ad aumentare lo stato di stress nel bambino, nei caregiver e in tutti coloro che sono coinvolti nella gestione dell’alimentazione.
Nei bambini affetti da paralisi cerebrale la disfagia orofaringea, oltre ad avere un notevole impatto sullo stato nutrizionale, come abbiamo detto, mette a rischio la salute respiratoria del bambino. I problemi polmonari sono infatti la principale causa di mortalità di questi bambini, di morbidità e scarsa qualità di vita nei soggetti colpiti più gravemente.
La disfagia può portare infatti a malattie polmonari a causa di continue inalazioni, e si può anche arrivare a complicanze iatrogene, con necessità di intubazione endotracheale o tracheostomia e addirittura a nutrizione parenterale che non permette o aiuta il normale sviluppo del processo di deglutizione.
Domanda 6
Secondo la sua esperienza clinica Dottor Amarri, quali sono le strategie per gestire nel modo migliore la disfagia nei pazienti pediatrici?
Dottor Amarri – Risposta 6
La gestione della disfagia nei bambini con paralisi cerebrale necessita di interventi su vari aspetti del problema, che dipendono soprattutto dai sintomi, dall’età, dal livello di sviluppo e anche dalle condizioni generali del bambino, oltre che dalla gravità della condizione, e da quale fase della deglutizione è maggiormente compromessa.
Per i bambini sotto i 2 anni di vita, la mamma o il caregiver in generale è la figura di riferimento per la gestione della nutrizione ed è necessario istruirli su alcune cose a cui devono fare particolare attenzione.
La terapia delle abilità oro-deglutitorie e alimentare comprende quindi alcuni casi, come l’insegnamento a cambiare il modo di proporre il pasto al bambino, cioè regolare le dimensioni della tettarella nelle prime fasi, o del cucchiaio. Il bambino deve poi essere messo in condizione di mangiare in una posizione adeguata: se possibile seduto o comunque con la colonna vertebrale ben dritta. Bisogna quindi dare un ritmo alla poppata o al pasto, inclinando leggermente il capezzolo verso l’alto durante l’allattamento materno, staccandolo dalla bocca periodicamente, per migliorare la sequenza tipica: succhiare, deglutire e respirare. Comprende inoltre alcuni esercizi motori e sensoriali per migliorare la forza, il movimento e il coordinamento dei muscoli orali, che vengono in genere seguiti, nel caso di un bambino complesso e delicato, da un esperto in logopedia.
Per garantire i corretti fabbisogni energetico-nutrizionali è necessario quasi sempre aumentare l’apporto calorico dei pasti, modificare la consistenza o la dimensione almeno degli alimenti solidi, tramite bollitura o altri metodi di cottura, frullatura dei cibi, oppure riduzione a purea o triturazione dei cibi. Il ricorso a sostanze addensanti è spesso necessario per ridurre o risolvere la penetrazione in laringe, l’aspirazione in trachea o l’eventuale reflusso gastroesofageo.
Nei casi più gravi di disfagia siamo costretti a ricorrere ad alimentazione tramite sonda, che può essere un sondino naso-gastrico o una gastrostomia nutrizionale.
Nei bambini più grandi, oltre i due anni, una particolare attenzione va messa agli aspetti psicologici, di comportamento e di interazione con il genitore. Occorre poi rivalutare periodicamente i fabbisogni energetici e nutrizionali del bambino, oltre a non smettere di rieducare quando possibile la deglutizione.
Le linee guida europee e statunitensi delle società scientifiche ESPGHAN e NASPGHAN, per ridurre i rischi correlati con la disfagia, raccomandano infatti come tecniche nutrizionali compensatorie di modificare i tempi destinati all’alimentazione, di fare - come già detto - attenzione alla postura (con il bambino in posizione eretta), di regolare la consistenza e il contenuto dei nutrienti negli alimenti e di continuare con la terapia logopedica laddove indicata.
Domanda 7
Ci ha parlato dell’importanza di modificare la consistenza degli alimenti per evitare rischi di soffocamento. Dottor Amarri, potrebbe spiegarci quali addensanti si possono utilizzare nei bambini con disfagia?
Dottor Amarri - Risposta 7
Per cambiare la consistenza degli alimenti, dopo lo svezzamento ovviamente, si possono usare farine di cereali senza glutine e ricche di amidi (come riso, mais o tapioca), oppure purea di frutta o yogurt. Esistono poi in commercio degli addensanti appositamente studiati per i bambini, consigliati in genere dopo i 3-4 anni di età, che contengono gomme di origine naturale come carrube, guar, xantani e pectine.
Domanda 8
Secondo la sua esperienza dottore, quali sono gli addensanti meglio tollerati dai bambini?
Dottor Amarri - Risposta 8
È difficile dare una risposta che valga per tutti e non si può generalizzare, tuttavia i principali vantaggi degli addensanti a base di amidi sono il basso costo, la loro relativa abbondanza e disponibilità. Tra gli svantaggi invece abbiamo il sapore tipicamente amidaceo, che non sempre è apprezzato dai bambini che prima si allattavano solo con formula o latte materno, e una trama granulosa spesso non gradita. Inoltre, quando vengono usati per addensare il latte in formula, tendono ad essere instabili e continuano a riaddensarsi nel tempo e questo può dare problemi soprattutto durante una poppata prolungata. Se utilizzati invece per addensare il latte umano, si ha una progressiva riduzione della viscosità per l’azione delle amilasi naturalmente presenti nel latte materno.
Gli addensanti a base di gomma sono più stabili e mantengono la consistenza dei cibi nel tempo. Inoltre, sono in grado di dare un aumento della viscosità ben più alto, con minori quantità di prodotto e hanno una texture, cioè una consistenza, più liscia rispetto a quelli a base di amido.
Le gomme di xantani possono però dare un discreto gonfiore addominale e disturbi intestinali, per questo nei bambini più piccoli (intorno ai 3 anni) si preferisce utilizzare addensanti a base di gomma di carrube.
Domanda 9
Per concludere Dottor Amarri, come agiscono queste sostanze addensanti nell’ambito della nutrizione dei bambini con danno neurologico?
Dottor Amarri - Risposta 9
In caso di disfagia orofaringea, l’uso di sostanze addensanti migliora la coesione del bolo alimentare, prevenendo la frammentazione del liquido e i cambiamenti nella meccanica della deglutizione, promuovendo in questo modo un ritmo più corretto. La riduzione della velocità del flusso dei liquidi addensanti si pensa inoltre che aumenti il tempo di transito orofaringeo, migliorando in questo modo il controllo orale e i meccanismi di chiusura delle vicine vie aeree, probabilmente grazie anche alla presenza di una maggiore stimolazione sensoriale.
Conclusione
Ringrazio il Dottor Amarri per aver fornito questa interessante panoramica sulla disfagia in età pediatrica, una condizione che ha un grande impatto sulla nutrizione e sulla qualità della vita dei bambini che ne soffrono e dei loro familiari. Il Dottor Amarri ci ha spiegato che i bambini con danni neuromotori e, in particolare, con paralisi cerebrale infantile, soffrono spesso di problemi di suzione e deglutizione, soprattutto se prematuri. Abbiamo imparato che la diagnosi precoce è fondamentale per limitare i problemi respiratori e gli altri rischi correlati alla disfagia. Il trattamento nutrizionale con opportuni supplementi, la regolazione della consistenza dei cibi, l’attenzione alla postura e gli esercizi logopedici sono le principali strategie per tenere sotto controllo la disfagia a lungo termine, permettendo una nutrizione adeguata e sicura per questi pazienti. Abbiamo saputo infine che spesso bisogna ricorrere all’uso di addensanti per ottenere la giusta consistenza dei cibi e che quelli a base di gomme di carrube sono meglio tollerate dai bambini disfagici con danno neurologico anche intorno ai 3 anni. Grazie Dottor Amarri.
Dottor Amarri
Ringrazio per l’opportunità di questa chiacchierata su un argomento - la disfagia - molto importante e di cui è necessaria la comprensione prima di discutere dell’indicazione all’alimentazione con sonde o gastrostomie, che sono passaggi purtroppo molto frequenti nei pazienti con paralisi cerebrale.
Chiusura
Ringraziamo ancora il Dottor Amarri per il suo contributo e invitiamo tutti i nostri ascoltatori a continuare a seguirci su nutritionalacademy.it o sulle principali piattaforme di podcast.
(interludio musicale)