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10° Episodio - La transizione verso l’età adulta dei pazienti con paralisi cerebrale

Paralisi Cerebrale

10° Episodio - La transizione verso l’età adulta dei pazienti con paralisi cerebrale
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Data de publicação

Alcuni consigli su come affrontare le difficoltà pratiche e psicologiche di un periodo molto delicato per i pazienti con PCI.

In questo 10° episodio la Dott.ssa Alessia Cavallaro, psicoterapeuta della RSD Pogliani di Varese, affronta il tema della transizione dall’età pediatrica a quella adulta dei pazienti con PCI, fornendo indicazioni e suggerimenti per affrontare nel migliore dei modi le difficoltà pratiche e psicologiche di questo periodo.

 

"Questa è NUTRITIONAL TALKS, la serie podcast che approfondisce temi sulla nutrizione clinica, per via orale ed enterale, nei pazienti con danni neurologici dalla nascita, quindi con paralisi cerebrale infantile, e negli adulti con grave disfagia o altre problematiche che impediscono la normale alimentazione. Questi podcast hanno finalità educative e sono dedicati agli operatori sanitari.
NUTRITIONAL TALKS è legata al progetto di formazione online nutritionalacademy.it, realizzato con il patrocinio non condizionato di Nestlé Health Science.
Sono Alvaro Gradella e nel corso di ogni puntata vi accompagnerò nell’approfondimento di un tema inerente alla nutrizione clinica con la collaborazione professionale e autorevole di opinion leader esperti in materia, che risponderanno alle mie domande con un solo scopo: “Favorire una maggiore comprensione del ruolo della nutrizione nel trattamento di specifiche condizioni cliniche e nella gestione delle carenze nutrizionali dei pazienti”.

Introduzione
In questo episodio affrontiamo il delicato tema della transizione dall’età pediatrica all’età adulta, cercando di puntualizzare quali sono le maggiori criticità che si presentano nei pazienti affetti da paralisi cerebrale, quali possono essere i possibili margini d’intervento e di miglioramento nella gestione e cura.
Ce ne parlerà la Dottoressa Alessia Cavallaro, Medico Psicoterapeuta della RSD POGLIANI - Istituto Fondazione Sacra Famiglia di Varese, che ringraziamo.


Dr.ssa Cavallaro
È un rinnovato piacere per me prendere parte a questo tipo di proposte che hanno lo scopo di offrire agli uditori suggerimenti o spunti di riflessione in merito alle difficoltà dell’ambito psicologico che affrontano i soggetti con paralisi cerebrale infantile e le loro famiglie.

Domanda 1
Il periodo di transizione verso l’età adulta è di solito caratterizzato da sconvolgimenti fisici, psicologici e comportamentali. Per iniziare Dottoressa Cavallaro, ci potrebbe spiegare quali sono le maggiori criticità che si verificano in questi anni a livello sia psicologico che fisico nei soggetti colpiti da paralisi cerebrale, e se esistono delle differenze sostanziali in base alla diversa gravità della patologia?

Dr.ssa Cavallaro – Risposta 1
Anche per i ragazzi con paralisi cerebrale avvengono i cambiamenti fisici e psicologici tipici della transizione, così come per le persone normodotate. Tuttavia, la disabilità, che può essere di gravità variabile, ha un ruolo importante e può rendere ancora più difficoltoso questo passaggio. 

Uno degli aspetti più critici è relativo al passaggio dalla cura pediatrica a quella dell’adulto. Tale passaggio che si verifica obbligatoriamente all’età di 18 anni è molto critico.  

Il ragazzo infatti passa in cura al medico di medicina generale e, se alloggiato in una struttura pediatrica, dovrà trasferirsi in una residenza per adulti. L’entrata in contatto con una realtà sconosciuta può causare una perdita degli equilibri conquistati. Questi cambiamenti si accompagnano a nuove esigenze del paziente e a nuove aspettative della famiglia, che spesso però si sente abbandonata dal settore sociosanitario nell’affrontare queste nuove problematiche, sia relazionali sia di cura. Il sistema infatti è ancora troppo rigido e fatica a rimodellarsi per accogliere e gestire le peculiarità del paziente e della sua famiglia. 

Si passa quindi, da un’assistenza che si basa sulla famiglia, sullo sviluppo e la crescita, ad un’assistenza invece centrata sul paziente e molto meno supportiva. Spesso si ha l’interruzione di trattamenti riabilitativi, una volta offerti al bambino e non previsti per il paziente adulto. Il paziente adulto verrà seguito più saltuariamente e soprattutto per eventi di tipo acuto.  Queste criticità rendono la transizione un momento difficile e a volte traumatizzante, sia per il paziente sia per la sua famiglia.

Domanda 2
Il momento dell’adolescenza è quello in cui i ragazzi tendono ad essere maggiormente autonomi e indipendenti dalla famiglia di origine. In relazione a questi aspetti Dottoressa Cavallaro, quali sono i problemi principali cui vanno incontro i pazienti con paralisi cerebrale e come vengono vissuti?

Dr.ssa Cavallaro – Risposta 2
La famiglia del ragazzo con paralisi cerebrale deve affrontare la situazione di cui abbiamo appena delineato il quadro, e si trova quindi destabilizzata. Per questo tende ad avere un atteggiamento iperprotettivo e poco incline a promuovere invece l’autonomia del ragazzo affetto da paralisi cerebrale. L’assenza delle istituzioni, le difficoltà della famiglia e le disabilità stesse rappresentano degli ostacoli al raggiungimento dell’autonomia e dell’indipendenza. Tale obiettivo può tuttavia essere raggiunto, in parte, in base alla gravità dei sintomi e della disabilità. Un maggiore supporto alle famiglie da parte delle strutture di cura è necessario e doveroso per migliorare il benessere di tutte le parti coinvolte. 

Negli anni compresi tra il 1970 e il 2000 gli studi sulla storia naturale della paralisi cerebrale sono davvero pochi, ma la pubblicazione e la diffusione dell’International Classification of Function (ICF) dopo il 2000, che ha cambiato il concetto di autonomia e di qualità della vita, spostando l’accento dagli aspetti che riguardano la funzione deficitaria, a quelli delle attività compatibili con il disordine funzionale e la partecipazione nel contesto sociale dei pari, ha di fatto dato un nuovo impulso alla ricerca. Oggi si portano dati riguardanti l’autonomia motoria, la scolarità, l’attività lavorativa, le relazioni sociali di adolescenti e giovani adulti con varie forme di paralisi cerebrali. La qualità di vita e la partecipazione sociale sono influenzate solo parzialmente dalla gravità della compromissione motoria, perché i veri fattori significativi sono il livello cognitivo e la competenza comunicativa.
Si devono incentivare attività e strategie coordinate con la famiglia, che fin dall’inizio favoriscono la partecipazione e le relazioni sociali, evitando che tutta l’attenzione si focalizzi solo sulle performance motorie.

Domanda 3
Secondo la sua esperienza Dottoressa Cavallaro, l’intervento professionale psicologico può essere utile per preparare i ragazzi con paralisi cerebrale ad affrontare nel modo migliore il passaggio all’età adulta?

Dr.ssa Cavallaro – Risposta 3
Importanti autori come Maria Teresa Aliprandi, Eugenia Pelanda e Tommaso Senise, nel loro testo “Psicoterapia breve di individuazione” ci portano un pensiero innovativo ed articolato per aiutarci a comprendere il processo adolescenziale e la sofferenza mentale insita in questo cruciale periodo evolutivo, a cui si associa la complessità della relazione adulto – adolescente. E se questo è vero per il normodotato, per l’adolescente con PCI il processo di emancipazione sarà ancora più difficile.

Il terapeuta deve spiegare al ragazzo, e alla famiglia, da una parte gli obiettivi raggiungibili e dall’altra i limiti invalicabili; si devono mostrare le aspettative realistiche, far comprendere l’entità dell’investimento e il tempo che ci vorrà, perché i risultati attesi saranno raggiunti con tempi e modalità diversi dai pari. Si dovrà essere in grado di stare di fronte ai fallimenti e trasformarli in tempi necessari per “ricaricare le pile”, ma si dovrà anche essere accorti a cogliere le spinte propulsive e di autonomia che i ragazzi spesso presentano come frutto delle loro pulsioni e cariche interne, che però i genitori faticano a sopportare e quindi tendono a soffocarle, non permettendo al ragazzo di navigare verso la sua autonomia, che sarà probabilmente diversa dai pari, ma pur sempre autonomia. 

Domanda 4
Nell’adolescenza il ruolo dei genitori è cruciale. Dottoressa Cavallaro, ci potrebbe spiegare in linea generale come i genitori percepiscono questo momento di crescita nel caso il loro figlio abbia un handicap neuromotorio?

Dr.ssa Cavallaro – Risposta 4
Uno studio qualitativo canadese nel 2016 ha rilevato che durante la transizione i rapporti tra genitori e figli si modificano, spesso in direzione conflittuale, a causa delle maggiori esigenze di indipendenza dei figli con paralisi cerebrale e che spesso le famiglie tendono, come precedentemente ho anticipato, ad assumere un atteggiamento iperprotettivo.
Le famiglie, non supportate in modo adeguato e spaventate dal “dopo di noi”, tendono a rimandare l’idea della crescita del figlio verso l’età adulta. Possono quindi avere difficoltà ad accettare alcuni aspetti della crescita emotiva e psicologica, come l’arrivo delle pulsioni affettive e sessuali. 

Il passaggio all’età adulta è influenzato, oltre che dallo sviluppo psicologico, fisico, ormonale, anche dai condizionamenti del contesto culturale e sociale in cui il giovane è inserito. Lo sviluppo psico–fisiologico dell’adolescente non è lineare, ma procede per salti in avanti e indietro, ed è diverso da ragazzo a ragazzo, ma è comunque sempre il frutto dell’interazione tra il soggetto e il contesto socio–culturale a cui appartiene, è attivo fin dalla nascita e segue piste evolutive irregolari. Tutte queste considerazioni nel soggetto con paralisi cerebrale sono ancora più amplificate e particolareggiate, diventando insostenibili quando il giovane si affaccia all’età adulta con relazioni sessuali ed affettive, perché se spesso questo aspetto suscita imbarazzo nella vita comune, con il giovane disabile se ne rischia addirittura la censura.

Domanda 5
Sarebbe consigliabile, secondo lei, che anche i genitori di questi ragazzi possano usufruire di un supporto psicologico, in modo da essere aiutati a gestire al meglio nuove esperienze, come ad esempio prendere decisioni in modo autonomo, e accettare tutti i cambiamenti che si verificano nella relazione genitore-figlio?

Dr.ssa Cavallaro – Risposta 5
Il sostegno psicologico genitoriale dovrebbe essere a mio parere parte integrante del piano sanitario del giovane con paralisi cerebrale , perché, per dirla con le parole del titolo dell’ultimo libro di Laura Pigozzi “Troppa famiglia fa male”.

I genitori del disabile presentano spesso un atteggiamento ambivalente caratterizzato da una parte dal sentire e mostrare il proprio figlio come più competente, più capace, più in grado di un altro disabile, ma dall’altra tendono ad impedirgli di prendere decisioni autonome perché, come dicono sempre le mamme: “Io so cosa è meglio per lui “.

Il lavoro da fare nella stanza di terapia è allora quello di renderli consapevoli del fatto che sicuramente loro sanno cosa è meglio per il loro figlio, ma proprio per questo motivo dovrebbero aiutare il loro “particolare” figlio a decidere per sé. È ancora più difficile per questi genitori infatti riconoscere che il loro figlio disabile possa avere un pensiero critico, anche perché questo è spesso divergente dal loro. Non riescono a sostenere il fatto che un pensiero contrastante possa invece essere anche costruttivo; troppo amore diventa essere abitati dal genitore e quindi completamente controllati e dipendenti a vita da lui. 

Domanda 6
Per un adolescente il ruolo dei pari è molto importante così come anche iniziare a frequentare sempre di più ambienti esterni alla famiglia. Nel mondo della disabilità ci sono però grosse barriere da affrontare. Cosa si può fare per permettere a un giovane colpito da paralisi cerebrale di avere maggiori scambi con i propri pari e poter stare più tempo fuori di casa con un livello di assistenza adeguato?

Dr.ssa Cavallaro – Risposta 6
Ad oggi i professionisti del settore socio-sanitario e le agenzie educative possono contare su risorse molto limitate e purtroppo sono costretti a lavorare entro rigidi paletti che non permettono di dare il supporto necessario a questi ragazzi. Pensiamo per esempio alla figura dell’educatore come facilitatore delle relazioni tra il disabile e i pari, in un ambiente come quello scolastico o extrascolastico. L’educatore è remunerato o dall’ente (comune di residenza del disabile) o dalla famiglia; se paga l’ente, le ore che in genere vengono date, raramente arrivano a 10 la settimana; se paga la famiglia, vengono ulteriormente ridotte o addirittura vi si rinuncia. Questo è un limite davvero pesante alla possibilità di socializzare e stare con i pari, perché laddove il disabile non può fare da sé, ma desidera fare un’esperienza di vita sociale senza il caregiver da cui deve differenziarsi e allontanarsi, ecco che l’educatore diventa una persona fondamentale anche per “banalmente”, ma che poi non lo è in termini reali, prendere un mezzo pubblico per andare a scuola, invece di essere sempre accompagnato dalla madre.

Domanda 7
Diventare adulti significa anche individuare un’area di interesse nello studio e, in futuro, nel lavoro, per costruire una propria identità ed entrare a far parte della società. Per concludere le chiederei quindi Dottoressa, quali sono oggi le principali barriere presenti nel nostro Paese per chi ha un handicap grave? E cosa si dovrebbe fare secondo lei come primo passo per migliorare la situazione?

Dr.ssa Cavallaro – Risposta 7
Uno studio danese del 2008 effettuato su pazienti giovani adulti con paralisi cerebrale e facoltà intellettive nella norma (range 18-22 anni), ha evidenziato un ritardo nel raggiungimento dell’indipendenza, intesa come uscire dalla casa di famiglia, trovare un impiego e avere delle relazioni sentimentali. 

Tuttavia, la paralisi cerebrale si può presentare con una grande varietà di gravità e di sintomi. In caso di sintomi non gravi e facoltà intellettive adeguate, per molti ragazzi affetti da paralisi cerebrale esiste la possibilità di vivere in modo indipendente. Potrebbe essere necessaria la presenza di una persona che assiste il giovane adulto per aiutare, facilitare e massimizzare l’indipendenza. 

I ragazzi con paralisi cerebrale dovrebbero essere aiutati e sostenuti dalle famiglie e dalle istituzioni nell’apprendere le abilità necessarie ad avere una vita indipendente, migliorando la propria autostima. Ad esempio, occorre sfatare il mito che le persone con paralisi cerebrale adulte non possano provvedere al proprio sostentamento. Anche grazie alla disponibilità del web, oggi queste persone possono davvero ottenere un impiego da svolgere dalla propria abitazione. 

In generale, anche in caso in cui la persona con paralisi cerebrale non possa svolgere mansioni compatibili con un impiego retribuito, è importate cercare di promuovere sempre l’indipendenza per quanto possibile, da parte dei genitori ed è necessaria una maggiore attenzione delle istituzioni insieme ad un incremento del supporto verso i caregiver. 

Conclusione 
"Ringrazio la Dottoressa Cavallaro per averci delineato il quadro complesso della transizione nei ragazzi affetti da paralisi cerebrale, con le difficoltà dovute al passaggio di cure e le criticità che ne conseguono. L’aiuto psicologico al paziente e alle famiglie è importante per superare le difficoltà pratiche e per vivere nel modo migliore questo passaggio all’età adulta, al fine di rispondere alle nuove esigenze dei ragazzi con handicap neuromotorio in termini di autonomia e indipendenza. Abbiamo appreso inoltre che in molti casi, quando la sintomatologia e il grado di disabilità lo consentono, è possibile raggiungere anche un certo livello di indipendenza dalla famiglia, di partecipazione alle relazioni sociali, in funzione del livello cognitivo e della competenza comunicativa del singolo paziente.
Grazie Dottoressa Cavallaro".


Dr.ssa Cavallaro
Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questa iniziativa e mi auguro di aver contribuito a fornire piste di lavoro per migliorare la qualità di vita dei nostri pazienti e delle loro famiglie.

Chiusura
Ringraziamo ancora la Dottoressa Cavallaro per il suo contributo e invitiamo tutti i nostri ascoltatori a continuare a seguirci su nutritionalacademy.it o sulle principali piattaforme di podcast.  


(interludio musicale)

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