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9° episodio - Quando ricorrere alla PEG e come proporla al paziente

Paralisi Cerebrale

9° episodio - Quando ricorrere alla PEG e come proporla al paziente
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Il ricorso alla nutrizione artificiale e alla PEG è particolarmente critico dal punto di vista sia clinico sia psicologico per il paziente e tutti i familiari. Il Dott. Amarri e e la Dott.ssa Cavallaro si confrontano su questi aspetti.

Il ricorso alla nutrizione artificiale e alla gastrostomia o PEG è particolarmente critico dal punto di vista sia clinico sia psicologico per il paziente e tutti i familiari. In questo episodio si confrontano sul tema il Dott. Sergio Amarri, specialista in gastroenterologia pediatrica di Reggio Emilia, e la Dott.ssa Alessia Cavallaro, psicoterapeuta della RSD Pogliani di Varese.

 

"Questa è NUTRITIONAL TALKS, la serie podcast che approfondisce temi sulla nutrizione clinica, per via orale ed enterale, nei pazienti con danni neurologici dalla nascita, quindi con paralisi cerebrale infantile, e negli adulti con grave disfagia o altre problematiche che impediscono la normale alimentazione. Questi podcast hanno finalità educative e sono dedicati agli operatori sanitari.
NUTRITIONAL TALKS è legata al progetto di formazione online nutritionalacademy.it, realizzato con il patrocinio non condizionato di Nestlé Health Science.
Sono Alvaro Gradella e nel corso di ogni puntata vi accompagnerò nell’approfondimento di un tema inerente alla nutrizione clinica con la collaborazione professionale e autorevole di opinion leader esperti in materia, che risponderanno alle mie domande con un solo scopo: “Favorire una maggiore comprensione del ruolo della nutrizione nel trattamento di specifiche condizioni cliniche e nella gestione delle carenze nutrizionali dei pazienti”.

 

Introduzione 

In questo episodio affrontiamo il tema della nutrizione artificiale tramite gastrostomia o PEG (dall’inglese Percutaneous Endoscopic Gastrostomy). Cercheremo di chiarire le problematiche cliniche che portano a questo tipo di nutrizione e come far capire e accettare al bambino e soprattutto ai suoi familiari la necessità del suo utilizzo.
Ci aiutano ad esplorare questi importanti aspetti il
Dottor Sergio Amarri, Gastroenterologo pediatra responsabile dell’ambulatorio di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica dell’Azienda Sanitaria Locale - Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di Reggio Emilia, e la Dottoressa Alessia Cavallaro, Medico psicoterapeuta della RSD POGLIANI - Istituto Fondazione Sacra Famiglia, Varese.
Ringraziamo entrambi i dottori per aver accettato di partecipare a questo episodio mettendo in luce le problematiche sia cliniche sia psicologiche correlate alla PEG.

Ringraziamenti

Dott. Amarri
Ringrazio per l’ennesima partecipazione a Nutritional Talks. È importante oggi perché si parla della PEG, della gastrostomia, e come proporla al paziente. Abbiamo parlato nelle altre puntate di quanto sia importante il supporto nutrizionale e quanta parte ha la gastrostomia nel supporto, pertanto è un’occasione molto utile per tutti. Grazie.

Dott.ssa Cavallaro
Buongiorno a tutti. Ringrazio di avermi invitato a partecipare a questo podcast. Io mi occuperò, come medico psicoterapeuta, di valutare quelli che sono gli aspetti psicologici di questa tecnica alimentare che sicuramente porta un impatto emotivo molto importante, sia sul bambino sia sui genitori. In questo caso andremo a vedere quali sono le problematiche, cercando di dare qualche suggerimento su come meglio approfondire l’argomento della nutrizione in questo modo.

Domanda 1
Incomincerei chiedendo al Dottor Amarri, quando e perché l’applicazione della PEG è ritenuta clinicamente necessaria nel paziente pediatrico? 

Dott. Amarri – Risposta 1
Come regola generale, la nutrizione mediante PEG - che sta per gastrostomia posizionata tramite endoscopia - deve essere presa in considerazione quando si verifica che l’apporto nutrizionale di quel paziente è inadeguato sia qualitativamente che quantitativamente, e quando queste situazioni si protrarranno per un periodo di tempo prolungato.  

L’applicazione della sonda nutrizionale deve essere ovviamente valutata in ogni singolo caso, sempre e necessariamente con il consenso del paziente e dei suoi familiari, che devono essere coinvolti attivamente in questa scelta. Oltre allo stato nutrizionale, bisogna considerare la situazione clinica generale, le diagnosi che circondano questa situazione e la prognosi, e non vanno trascurati gli aspetti legati alla qualità della vita, come penso questo piccolo dibattito svelerà.

L’obiettivo primario della nutrizione con sonda è evitare la carenza di nutrienti, cioè uno stato di malnutrizione, promuovere una corretta crescita del bambino e interrompere o correggere il declino della qualità di vita causato da un apporto calorico inadeguato. 

La scelta della nutrizione enterale dipende poi dall’età e dal fabbisogno energetico del paziente. Se, inoltre, la nutrizione enterale è prevista per tempi prolungati (ad esempio un tempo dedicato alla nutrizione superiore a tre ore al giorno pone la possibile indicazione alla nutrizione con sonde), in generale si preferisce la gastrostomia come modalità di accesso enterale rispetto al sondino naso-gastrico, così come raccomandano tutte le linee guida, in particolare quelle dell’ESPGHAN – Società Europea di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica.

Per quanto riguarda la principale indicazione clinica per la PEG nel paziente pediatrico, noi dobbiamo considerare la condizione in cui la funzionalità deglutitoria risulta compromessa. È una situazione in realtà molto frequente nei pazienti a cui abbiamo fatto più volte accenno, cioè i pazienti con deficit neurologici. La PEG può essere indicata anche nei bambini che soffrono di altre patologie croniche in cui l’apporto calorico-nutrizionale è insufficiente, come in caso di insufficienza renale cronica, fibrosi cistica, molte malattie cardiache congenite, o un’atrofia midollare spinale. Altre condizioni sono i tumori maligni e le pseudo ostruzioni intestinali croniche.
Grazie alla PEG, nei bambini con handicap neuro-motori si verifica un sostanziale miglioramento dello stato nutrizionale, delle performance neurologiche e spesso della loro qualità di vita. 

Domanda 2
E quali sono invece, dottor Amarri le possibili controindicazioni all’utilizzo della PEG nel bambino?  

Dott. Amarri – Risposta 2
A questo riguardo va detto che l’unica vera controindicazione assoluta è la malattia allo stadio terminale. La PEG o la nutrizione con sonde non va mai proposta negli ultimi mesi o settimane di vita, mentre all’opposto trova la giusta indicazione ai primi segni di malnutrizione o disfagia.

La PEG tradizionale, cioè posizionata con endoscopia, non si può applicare in caso di impossibilità a effettuare un’indagine endoscopica del tratto gastrointestinale alto, dovuta ad esempio a una stenosi, a una strictura esofagea o della laringe; in questi casi si dovrà optare per il sistema cosiddetto ad ancorette o al posizionamento chirurgico. 

La PEG, inoltre, non è raccomandata – anzi non è fattibile – in caso di fallimento nella transilluminazione della parete addominale (diafanoscopia) anche se oggi non è un fattore limitante assoluto. Altre controindicazioni relative sono i disturbi gravi della coagulazione e la presenza di alcune comorbidità - c’è da dire nel bambino molto rare – come l’ipertensione portale, una gastrite molto grave o ulcerosa, un’ascite importante, una peritonite, la presenza di dialisi peritoneale, metastasi peritoneali, o shunt ventricolo peritoneale sinistro. 

Domanda 3
Mi rivolgo adesso alla Dottoressa Cavallaro per chiederle se ci può spiegare qual è l’impatto della PEG sulla qualità della vita del paziente e dei suoi familiari.

Dott.ssa Cavallaro – Risposta 3
L’impatto psicologico e socio-relazionale del passaggio dalla nutrizione naturale all’alimentazione artificiale tramite PEG è molto importante e riguarda, non solo i piccoli pazienti, ma tutte le persone che vivono o gestiscono il bambino.

La prima cosa, infatti, che percepisce il genitore è un grande dolore emotivo, dovuto al fatto che “nutrire”, che ha come significato quello del “mettere dentro”, e di essere la base della prima relazione tra la madre e il bambino, viene invece sostituito da un device e non può più avvenire in modo naturale. Nutrirsi è una funzione fisiologica che in alcune fasi della vita assume un significato relazionale e di comunicazione non verbale, estremamente importante. Attraverso l’assunzione o il rifiuto del cibo, il bambino ingaggia il genitore in un vero “vai e vieni”, che a seconda dello stile di risposta della figura di accudimento, in genere la madre, può diventare una vera lotta, mantenuta dal reciproco bisogno di ottenere il risultato: da una parte la madre che deve nutrire, e dall’altra il bambino che vuole dimostrare la sua autonomia.

Lo scambio relazionale si gioca sul campo di battaglia rappresentato dalla funzione nutritiva, dove il genitore non riesce a disinvestire sul risultato e il bambino accentua la sua modalità di rifiuto. Mentre il bambino con paralisi cerebrale può non essere in grado di alimentarsi come dovrebbe per molti motivi, come ci ha spiegato il collega, il genitore manifesta ansia dovuta all’inadeguata crescita generando un meccanismo patologico che può mettere a rischio la relazione con la figura di accudimento e la futura crescita psicoemotiva del bambino.

Uno studio del 2006 pone l’attenzione sul cosiddetto “burden del trattamento”, che da un lato può salvare la vita, ma dall’altro la “domina” rendendo più difficoltosa la mobilità del paziente e modificando in modo importante lo stile di vita di tutta la famiglia. Le persone affette da disfagia, pur riconoscendo il valore salva-vita della PEG, riportano anche una serie di criticità, sia sul versante fisiologico, sia su quello psicologico e soprattutto socio-relazionale. Le cause di tali problemi sono da ricercare principalmente nel concreto limite fisico e di tempo. Tra gli aspetti da tenere in considerazione c’è anche l’interazione dell’individuo con il cibo. Tale interazione ha una propria importanza psicologica che coinvolge i sensi e viene totalmente a mancare in un regime di nutrizione artificiale. Si perde quindi la capacità di gustare il cibo e il piacere derivante dall’uso del senso dell’olfatto. 

Da un punto di vista relazionale, per i pazienti e le famiglie emerge improvvisamente un maggiore rischio di isolamento e di esclusione dai momenti di interazione sociale nella comunità.

Domanda 4
Dott.ssa Cavallaro, dal suo punto di vista qual è quindi l’approccio migliore da utilizzare per comunicare la necessità della PEG al paziente e ai suoi familiari, che sono spesso anche i caregiver del loro figlio colpito da paralisi cerebrale?

Dott.ssa Cavallaro – Risposta 4
Ogni triade, genitori più bambino ha bisogno di un tempo dedicato e specifico. A volte è sufficiente un incontro, ma molto più frequentemente ne servono più di uno. Si deve stare in ascolto di tutte le preoccupazioni, le ansie e il senso di fallimento che si percepisce di fronte alla proposta di una PEG. Questi genitori, infatti, sono già fortemente feriti per avere a che fare con un figlio che quasi sicuramente sarà purtroppo dipendente per tutta la vita, e veder venire meno anche la possibilità di nutrire il proprio bambino, diventa un’ulteriore profonda ferita. Il lavoro da fare quindi è quello di mostrare loro che questo cambiamento non è necessario per una loro inadeguatezza, ma perché il bambino sta crescendo e necessita di essere nutrito di più, ma da solo non ce la fa e quindi, per non compromettere la crescita staturo-ponderale e soprattutto lo sviluppo cognitivo, necessita di questo aiuto che oggi la medicina ci offre. 

Pensando invece al bambino, la comunicazione e quindi il linguaggio da usare, deve essere adeguato all’età e alle sue competenze cognitive. Potrebbe essere utile ad esempio parlare di “un tubicino che farà arrivare tante cosine da mangiare direttamente nel tuo pancino”.

In base al tipo di nutrizione, se esclusiva o ad integrazione notturna, si potrà rassicurare il bambino parlando del super-eroe - ad esempio io lo uso spesso - Mister Buchino o della Fatina del Buchetto, che “di notte mettono tante cose buone nel tuo pancino e al mattino sarai veramente più forte”.
Il giorno dell’intervento, poi, spiegare di nuovo al bambino passo passo cosa accadrà e perché al suo risveglio avrà il buchino nella pancia.

Domanda 5
Mi rivolgo di nuovo a lei, Dottor Amarri, nei pazienti con indicazione alla PEG, questa soluzione è da considerarsi transitoria, oppure è una soluzione a lungo termine o addirittura definitiva?

Dott. Amarri – Risposta 5
Nei bambini con disturbi neurologici, sia il sondino naso-gastrico che la gastrostomia, cioè la PEG, dimostrano di migliorare lo stato nutrizionale del paziente. Inoltre spesso il loro uso si associa a una percezione di miglioramento del benessere globale. 

Bisogna sottolineare che la PEG non esclude la nutrizione per bocca e può essere usata in modo complementare alla normale alimentazione; tutte le capacità, anche quelle minori e residue di funzionalità del cavo orale, vanno sempre utilizzate assieme alla PEG.

In generale, quando si prevede che la nutrizione enterale si protragga per più di tre mesi (in realtà va detto che le principali linee guida parlano di 4 settimane di costante necessità di supporto di nutrizione con sonde), si raccomanda di procedere alla gastrostomia o in alcuni casi alla enterostomia. Quindi è una soluzione a lungo termine, in effetti.

Il sondino nasogastrico è, infatti, scarsamente accettato dai pazienti in età pediatrica e se utilizzato per periodi superiori a 3 mesi può portare al rischio di serie complicanze. 

La PEG, però, non è definitiva a tutti i costi, infatti se decade la necessità di nutrizione di supporto enterale, può essere sia lasciata in sede senza nessun reale utilizzo per un po’ di tempo e/o rimossa senza nessun intervento chirurgico ed endoscopico lasciando in realtà cicatrici di veramente minime dimensioni.

Domanda 6
Quali sono secondo la sua esperienza Dottor Amarri le più frequenti complicanze della PEG nei pazienti in età pediatrica? 

Dott. Amarri – Risposta 6
La PEG può avere delle complicanze a breve termine così come a lungo termine, ma penso che soprattutto convenga considerarle e dividerle tra complicanze maggiori e minori. Le prime, quelle maggiori, sono in realtà molto rare e possono comprendere fistole gastro-coliche, lacerazioni, perforazioni, ematomi duodenali, uno pneumoperitoneo complicato, un’infezione importante come la fascite necrotizzante, oppure la ritenzione del bumper interno e la migrazione della sonda. Molto più frequenti (si va dall’8 al 30% dei casi, a seconda delle casistiche pubblicate in letteratura) sono le complicanze minori che comportano soprattutto la formazione di granulomi e di lievi infezioni cutanee peristomali, lievi sanguinamenti o perdite di formula intorno alla stomia. 

Le complicanze invece tardive, più a lungo termine, dipendono soprattutto dall’insorgenza di co-morbidità (generalmente entro i primi 2 anni) e dalla eventuale insorgenza di una intolleranza alla nutrizione enterale. 

L'utilizzo di PEG, va detto che è tuttavia molto gradito da famiglie e pazienti, dopo che hanno messo questo device, tanto che uno studio retrospettivo su 121 bambini con PEG ha evidenziato alti tassi di soddisfazione nei caregiver e nei genitori relativi alla procedura di nutrizione mediante gastrostomia.

Domanda 7
Tornando agli aspetti psicologici Dottoressa Cavallaro, dato l’impatto notevole di questa pratica clinica, a suo parere sarebbe consigliabile un intervento psicologico professionale per accompagnare il bambino e la famiglia al passaggio alla PEG e ai cambiamenti di abitudini a essa correlati? 

Dott.ssa Cavallaro – Risposta 7
Una delle criticità che vengono riportate dalle famiglie è proprio lo scarso sostegno psicologico e sociale in favore di quello pratico. Queste famiglie, infatti, devono compiere forzatamente enormi aggiustamenti pratici, fisici, ma soprattutto psicologici e sociali nella loro vita quotidiana e sentono una grande necessità di un supporto psicologico professionale, unito ovviamente a quello della gestione pratica della PEG. 

Ogni genitore che può compiere un lavoro sul proprio dolore emotivo, sarà sicuramente in grado di accompagnare il bambino nel suo percorso. Il bambino andrà sicuramente incontro a momenti di difficoltà, ma se il genitore sarà in grado di fornire il giusto contenimento, anche l’adattamento emotivo del bambino non tarderà ad arrivare.     

Il sostegno psicologico può certamente favorire sia nei pazienti, sia nei caregiver, lo sviluppo di strategie di coping relative alla nuova situazione. Ricordiamo anche che la “meccanizzazione” dell’alimentazione mantiene intatto l’aspetto nutrizionale e funzionale, ma la priva dei significati simbolici, psicologici e socio-relazionali che sono fondamentali per il benessere dell’individuo. Questi aspetti dovrebbero essere ripensati e reintrodotti nella vita della persona con modalità diverse allo scopo di compensarne la perdita.  

Molte famiglie vivono delle vere e proprie crisi anche di coppia, in quanto i genitori hanno sempre meno tempo per la coppia e per sé stessi, a causa del sommarsi dell’impegno per la nutrizione con sonda ai problemi preesistenti dovuti alla disabilità del proprio bambino. È dunque auspicabile, per il buon funzionamento di tutta la famiglia, che non solo il caregiver sia in grado di gestire la PEG, ma che l’addestramento venga proposto anche ai nonni o alla baby sitter, in modo tale che i genitori possano concedersi degli spazi solo per loro, potendo affidare il loro bambino a persone fidate e competenti. I genitori poi sono anche preoccupati per i fratelli del bambino disabile, per l’assenza di un contatto tra i fratelli e per un sentimento di esclusione del paziente con PEG, di “splittamento” della famiglia, che può facilmente sopraggiungere e deve essere gestito. Anche i fratelli risentono del cambiamento e meriterebbero anche loro una maggiore attenzione dal punto di vista psicologico.

Domanda 8
Come ultima domanda, chiedo sempre a lei Dottoressa Cavallaro, come è possibile aiutare le famiglie, non solo ad accettare, ma anche a ottimizzare le abitudini di vita che coinvolgono il momento della nutrizione, al fine di migliorare la qualità di vita del paziente e di tutta la famiglia?  

Dott.ssa Cavallaro – Risposta 8
Oltre al sostegno psicologico fin dall’inizio dell’uso della PEG, le famiglie necessitano di informazioni univoche e chiare su tutti gli aspetti della nuova modalità di nutrizione,
tra cui vantaggi e svantaggi, cosa aspettarsi per quanto riguarda il peso del bambino a breve e nel lungo termine, i possibili problemi pratici che possono capitare e come risolverli. 

È fondamentale, quindi, un approccio multidisciplinare che preveda l’intervento di diverse figure mediche, infermieristiche e specialistiche, che diano loro non solo un supporto iniziale, ma anche un sostegno durante l’utilizzo della PEG. Importante per i genitori però è avere un’unica persona di riferimento da poter contattare per qualsiasi tipo di problema, diciamo una sorta di “case manager”, che si farà carico di avviare la catena degli specialisti che dovranno poi occuparsi del problema presentato dal bambino, perché il genitore deve sentirsi subito ascoltato e preso in considerazione, senza avere la sensazione di essere in balia della burocrazia.   

Tale supporto potrà rendere la famiglia il più possibile autonoma, ma anche consapevole di una rete in grado di dare aiuto qualora dovessero insorgere problematiche inattese che richiedono il consiglio o l’intervento del team. Nel team multidisciplinare ci potrà essere dunque il pediatra, l’infermiere, lo psicologo, il dietologo, ma anche se necessario il logopedista o altre figure legate all’educazione del bambino. 

La presenza costante e lo scambio con altri genitori che condividono il peso del convivere quotidianamente con la nutrizione artificiale, possono essere sicuramente di grande aiuto. Conoscere le storie e le vite di altre famiglie può essere fonte di consolazione, di ispirazione e di consigli reciproci, sia per il genitore che inizia l’utilizzo della PEG e non sa cosa aspettarsi, sia per il genitore che desidera ottimizzare le proprie abitudini in modo da migliorare la qualità di vita del proprio bambino e di tutta la famiglia. 

Conclusione 
Ringrazio la Dottoressa Cavallaro e il Dottor Amarri per averci parlato delle problematiche cliniche e psicologiche legate alla nutrizione tramite sonda gastrostomica o PEG, una tipologia di alimentazione per via enterale a cui il clinico deve ricorrere spesso nei pazienti con paralisi cerebrale e che ha un grande impatto sulla qualità della vita dei bambini che ne soffrono e dei loro familiari. Il Dottor Amarri ci ha spiegato che la PEG diventa necessaria nei pazienti con danni neuromotori tali da rendere difficile o, addirittura, impossibile raggiungere gli apporti nutrizionali adeguati alla crescita tramite la dieta per bocca. Abbiamo imparato che la nutrizione tramite PEG porta a degli immediati miglioramenti sullo stato nutrizionale del bambino, ma si ripercuote negativamente sulla qualità di vita di tutta la famiglia.
La Dottoressa Cavallaro ha infatti fatto comprendere le problematiche di isolamento a cui va incontro il bambino, tutte le diverse abitudini e comportamenti che i genitori devono accollarsi, senza dimenticare le ulteriori complicazioni pratiche e psicologiche a cui vanno incontro gli eventuali altri figli. La corretta gestione di un bambino con paralisi cerebrale soprattutto, come ha dichiarato la dottoressa, necessita dell’intervento multidisciplinare di diverse figure professionali di supporto clinico e psicologico non solo per il paziente, ma per tutti i familiari, in particolare durante il periodo di passaggio alla nutrizione enterale.

Grazie Dottori per le vostre preziose spiegazioni.  

Dott.ssa Cavallaro
Ringrazio per questa opportunità che mi avete dato e spero che questi brevi “flash”, rispetto a quelle che sono le problematiche psicologiche che incontrano le famiglie quando si trovano di fronte a una modalità così diversa e per certi versi così poco fisiologica di alimentare il proprio bambino, possano servire per far sentire loro comunque delle persone capaci di accudire il bambino e di nutrirlo anche attraverso un device come può essere la PEG.

Dott. Amarri
Mi unisco anch’io nei ringraziamenti. Come avete visto, proporre la PEG non è un semplice gesto terapeutico; bisogna spendere tempo su questi pazienti, avere competenze che non sono solo mediche e nutrizionali, ma devono essere anche di supporto psicologico, mettere insieme queste competenze e spendere del tempo: come si suol dire, “il tempo della cura rappresenta una cura”.

Chiusura
Ringraziamo ancora la Dottoressa Cavallaro e il Dottor Amarri per il loro contributo e invitiamo tutti i nostri ascoltatori a continuare a seguirci su nutritionalacademy.it o sulle principali piattaforme di podcast.  


(interludio musicale)

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